In presenza di debiti, la chiusura della partita IVA protegge dalle possibili conseguenze fiscali e legali dell’insolvenza?
Un autonomo ha tutto il diritto a chiudere la sua partita IVA, anche in presenza di debiti. Ciononostante è importante che sia pienamente consapevole di cosa potrebbe succedere e cosa potrebbero poi continuare a pretendere da lui i vari creditori. Di solito, si chiude la propria posizione fiscale quando l’attività non genera sufficiente reddito per coprire le spese e garantire un profitto. Durante la pandemia, per esempio, tantissimi autonomi hanno dovuto scegliere questa via…
Succede poi che i titolari possano scegliere di cambiare carriera o professione. Di conseguenza, sono costretti ad abbandonare la loro attività collegata al codice ATECO. Altri si lasciano semplicemente scoraggiare dalle tasse troppo alte oppure pensano che chiudere tutto possa essere vantaggioso per ridurre il carico fiscale o gestire meglio eventuali debiti. Ma è sempre così?
Gli autonomi dovrebbero sapere che la chiusura non cancella automaticamente le obbligazioni esistenti. I creditori, in teoria, mantengono infatti il loro diritto di richiedere il pagamento delle somme dovute anche dopo la chiusura della partita IVA. La fattispecie giuridica è quella della responsabilità residuale: anche dopo la chiusura dell’attività, l’ex titolare continua a essere responsabile dei debiti a essa collegati.
Ecco perché i creditori possono intentare delle cause legali per recuperare ciò che è loro dovuto, ed ecco perché l’ex titolare della partita IVA può subire un pignoramento. Inoltre, chiudere una posizione fiscale con debiti può anche influenzare negativamente la reputazione creditizia di un contribuente, rendendo quindi più difficile ottenere prestiti, finanziamenti e mutui.
In due parole: anche se i debiti sono aziendali i creditori possono rivolgersi direttamente all’ex titolare per recuperare i crediti. E anche dopo la chiusura si potrebbe essere tenuti a presentare una dichiarazione dei redditi proprio per gestire i debiti insoluti.
Quando i debiti verso l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, tutti e due questi referenti sono arretrano: inviano cartelle esattoriali per recuperare i crediti anche dopo la chiusura della posizione fiscale. Per IVA non versata o imposte sul reddito non pagate, l’AdE potrebbe continuare a richiedere il pagamento anche per anni. E se ne può uscire con una rateizzazione, approfittando di un condono o di un saldo e stralcio.
Anche l’ente previdenziale può agire per recuperare i contributi non versati, e anche in questo caso si può chiedere una rateizzazione. Se il creditore è un’azienda o un privato, di solito scatta una denuncia: in questo modo è il tribunale a decidere se ci sarà pignoramento.
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